Negoziazione ed emozioni

Strategie, tecniche, obiettivi e risultati

Negoziazione ed emozioni

Il 99% delle persone che stanno per intavolare una negoziazione importante, si concentra sulle strategie, sulle tecniche, sugli obiettivi e i risultati, e tralascia una parte altrettanto fondamentale.

Immagina: quante volte ti è capitato di acquistare una casa o una macchina, cambiare lavoro, chiedere l’aumento di stipendio o discutere un contratto? Come ti sei preparato? Cosa hai fatto? In che modo hai strutturato la strategia? E una volta terminata la trattativa, in quante di queste sei rimasto soddisfatto?

Recenti studi, hanno dimostrato che ciò che fa la differenza su un tavolo negoziale è quanto siamo in grado di gestire le nostre emozioni e quelle dell’altro. Hanno anche scoperto quali sono le emozioni più frequenti sui tavoli negoziali e in che modo possono portare al fallimento degli accordi.

Sono fondamentalmente quattro: ansia, rabbia, delusione e gioia.

L’ansia è figlia della paura. Temiamo che le cose possano andar storte, di non riuscire a ottenere ciò che vogliamo, che l’altro voglia fregarci o che non sia del tutto onesto, ecc. Ci immaginiamo scenari futuri catastrofici e ci pre-occupiamo: iniziamo cioè ad occuparci di ciò che potrebbe avvenire, ancor prima che sia accaduto! L’ansia, come tutte le emozioni, è un segnale. Per gestirla al meglio, va letteralmente ascoltata: cosa ci preoccupa? Cosa possiamo fare per evitare che accada? Possiamo, ad esempio, raccogliere più informazioni; oppure prepararci di più; o ancora organizzare diversi piani alternativi, nel caso in cui la situazione si metta male. Ma cosa succede se l’ansia arriva durante l’incontro? Nella risposta ancestrale “attacco o fuga”, l’ansia attiva la risposta “fuga”. Gli studi hanno dimostrato che chi dimostra ansia durante una trattativa, si trasforma facilmente nella parte più debole, specialmente se l’altro se ne accorge. L’ansia, infatti, non fa percepire le cose chiaramente, non riusciamo a distinguere i consigli buoni da quelli cattivi e non riusciamo a prendere la decisione giusta. Pertanto, dobbiamo assolutamente fare in modo di non provare ansia durante la negoziazione. Ma come? Spesso l’ansia viene attivata da eventi nuovi e sconosciuti, al di fuori del nostro controllo. Per evitare, quindi, che prenda il sopravvento, gli studiosi consigliano di prepararsi e simulare, simulare, simulare! Concordano, infatti, nel sostenere che partecipare a corsi di formazione in cui si simulano diversi scenari aiuti a prepararsi ad affrontare i casi difficili e diminuisca l’ansia. Tanto più diventiamo negoziatori esperti, infatti, tanto meno ci faremo cogliere impreparati!

La rabbia e il suo comportamento più evidente, l’aggressività, sono molto frequenti nei tavoli negoziali. Molte persone, infatti, hanno la convinzione (sbagliata) che se attaccheranno per prime, più facilmente prenderanno il controllo della situazione e la fetta più grande della torta. Questo modo di ragionare porta a credere che la negoziazione sia un gioco a somma zero: c’è un vincitore e un perdente, pertanto, meglio mostrarsi più forti, per annientare il nemico. Ma sappiamo che così non è! Inoltre, è ormai ampiamente dimostrato che la rabbia, non solo rovina la relazione, ma porta ad escalation difficili da controllare. Fiducia e collaborazione si spengono, la disponibilità all’ascolto cessa e la comunicazione si interrompe. L’unico desiderio è chiudere la conversazione, interrompere i negoziati e pensare ad eventuali ritorsioni.

Sia che siamo noi a provarla, sia che la provi l’interlocutore, la rabbia va gestita e placata a tutti i costi! Facciamo una pausa per “sbollire” l’irritazione e riprendere il controllo. Oppure trasformiamola in domande aperte: così ci concentreremo più facilmente su ciò che sta accadendo anziché sulla risposta ancestrale di “attacco”, che la rabbia automaticamente accende!

La delusione, invece, può essere usata in modo strategico, con risultati molto più efficace della rabbia. Se la rabbia porta l’altro a mettersi sulla difensiva e a contrattaccare, la delusione spinge le persone a fare qualcosa di diverso pur di attenuare quel sentimento che hanno provocato. Se siamo, quindi, a un punto in cui non riusciamo a far passare le nostre idee e ci sembra che l’ipotesi di accordo sul tavolo non sia soddisfacente per noi, esprimere chiaramente la nostra delusione, può spingere l’altro a ripensare alle azioni in modo autocritico e rivedere la propria posizione.

Mentre, gioire quando si sta per raggiungere un accordo a noi favorevole è la peggiore delle strategie. Da una parte, la gioia può portare a un eccesso di sicurezza che potrebbe abbassare la nostra soglia di attenzione, che invece deve rimanere sempre alta. Dall’altra, può instillare nella mente della controparte l’idea che siamo riusciti a fregarlo, scatenando delle reazioni di rappresaglia.

In sostanza, se vogliamo diventare ottimi negoziatori dobbiamo imparare ad ascoltare le nostre emozioni e quelle dell’altro, affinché ci diano informazioni aggiuntive su come strategicamente gestire la dinamica negoziale.

Allo stesso tempo, però, dobbiamo imparare ad assumere la classica “Faccia da Poker”, quella strategia in grado di controllare le nostre reazioni emotive e quelle dell’altro, in favore del “gioco negoziale”.

Per chi volesse approfondire la tematica, suggerisco di leggere “L’emozione e l’arte della negoziazione” di Alison Wood Brooks, nel numero di dicembre 2015 di Harvard Business Review, da cui questo articolo è liberamente tratto.

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