Cos’è l’amartofobia?

Una paura in rapida espansione. Coglie molti di noi, più spesso di quanto pensiamo. Ma non tutto è perduto…

Cos’è l’amartofobia?

Una paura in rapida espansione. 
Coglie molti di noi, più spesso di quanto pensiamo.
Ma non tutto è perduto…

Cos’è l’amartofobia?

Julius, un manager di talento, sta per chiudere il report che ha inviato quella mattina in direzione, quando l’occhio cade su una cosa che non torna. Come è possibile che ci sia scritto quel numero? È assurdo, è un refuso, non dovrebbe esserci. Quel dato, con tutti quegli zeri comunica un’informazione completamente sbagliata, fuorviante! Ha letto e riletto quel report numerose volte. Prima di inviarlo era convinto fosse perfetto, invece ha commesso un errore! Lo invade la sensazione di sprofondare: “E adesso? Cosa penseranno di me? In che modo, questa storia comprometterà la mia carriera?”.

Diciamocelo chiaramente: a nessuno piace commettere errori! Se potessimo cancellare gli errori dalla faccia della terra, penso lo faremmo tutti. Ma alcuni di noi patiscono gli errori più di altri.

Si chiama amartofobia la paura di commettere errori e benché non sia un disturbo riconosciuto dai principali manuali diagnostici, sembra essere una di quelle paure in aumento, soprattutto nel mondo lavorativo.

È caratterizzata da una costante preoccupazione di fallire e dal conseguente giudizio degli altri, ed è causata da un lato, dalla pressione sociale e dall’iper-competitività, che ci spinge a fare tutto sempre bene al primo colpo; e dall’altra dalla ricerca della perfezione che ci fa considerare gli errori come inutili incidenti di percorso che sporcano irrimediabilmente la nostra reputazione sociale.

Pertanto, facciamo di tutto per non commetterli e quando comunque capitano, l’ansia che proviamo può essere sproporzionata rispetto alla dimensione dell’errore e alle sue reali conseguenze.

Avere paura di sbagliare è normale.

Pensate di stare camminando tranquillamente nella Savana e scambiare per errore un leone per una gazzella. Quello sbaglio potrebbe costarvi la vita.

Ma anche l’atteggiamento evitante ha un costo: ci fa rimanere in una posizione conservativa, la paura ci impedisce di cogliere le occasioni di crescita, tendiamo a non sviluppare le nostre competenze, limitiamo l’iniziativa nostra e dei nostri collaboratori, evitiamo la competizione e rischiamo di diventare presto obsoleti, superati da colleghi più intraprendenti.

Gli errori sono parte integrante della vita.

Osservate un bimbo o una bimba molto piccoli: guardate le azioni che fanno per cercare di mettersi faticosamente in piedi. Con le loro manine cercano di aggrapparsi e tirarsi su e quando ci sono quasi riusciti, perdono l’equilibrio e cadono a terra.

Allora ci riprovano, distanziando un po’ di più i piedini tra loro… Noi facciamo così: impariamo attraverso gli errori, continuamente.

Ma quindi, come possiamo prenderci dei rischi, gestendo efficacemente la paura di sbagliare?

Possiamo fare molto, con poco sforzo. Ad esempio, se siamo people manager, possiamo promuovere un ambiente positivo, privo di giudizio, in cui parlare liberamente dei propri errori, osservandoli, analizzandone le cause e l’impatto, ed esplicitando le soluzioni di rimedio. Mettere a fattor comune queste informazioni permette di modificare il modo in cui gli errori vengono percepiti, passando da un paradigma in cui sbagliare toglie competenze e credibilità, verso il paradigma opposto, in cui l’errore è fonte di apprendimento e accrescimento di competenze.

Un altro strumento molto efficace è quello tenere un registro dei successi e degli errori. Annotare i successi giornalieri (sia grandi, sia piccoli); le sfide e le vittorie conquistate; gli obiettivi raggiunti permette di aumentare la self-estime e la self-efficacy; e, contemporaneamente, segnare gli apprendimenti e le scoperte fatte grazie agli errori, permette di cambiare prospettiva iniziando ad osservare l’errore come un’opportunità che si può cogliere invece che una costante minaccia.

E poi possiamo ricercare il feedback continuo, scoprire come ci vedono gli altri, capire che idea hanno delle nostre capacità, dei nostri talenti, delle nostre ombre e dei nostri limiti. In questo modo possiamo accorgerci che il peso che diamo noi ai nostri errori è spesso più grande rispetto a quello che gli attribuiscono gli altri.

In ultimo, se sentiamo che questa paura proprio non passa e diventa limitante, possiamo prendere in considerazione l’idea di chiedere aiuto.

Nelson Mandela diceva: “Non perdo mai: o vinco o imparo”.

Questa visione del mondo, questa capacità di abbracciare l’errore come parte integrante del percorso professionale e di vita, ci aiuta a trasformare le cadute in trampolini di lancio verso il successo.

Paola Sabbatini

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