Quanto è difficile assegnare obiettivi?
Si chiama goal setting, ma spesso affidiamo ai collaboratori delle semplici attività da realizzare, “camuffate” da obiettivi
Facciamo una scommessa: se perdo, vi offro un caffè! Prendete carta e penna: scrivete in trenta secondi tutti gli obiettivi che vorreste realizzare entro la fine dell’anno. Fate la lista più lunga possibile… Fatto? Ora rileggete con attenzione: quanti “obiettivi veri” sono scritti su quel foglio? Scommetto che sono meno del 50%…
Quando ci chiedono di pensare a un obiettivo, di solito, la prima cosa che facciamo è pensare a un desiderio “vorrei…“; oppure a un’attività “farò…“. Nessuno dei due, però, è un obiettivo. Tecnicamente, fanno parte entrambi del processo per raggiungerlo, ma non sono sufficienti per definirlo! La cosa grave è che spesso affidiamo ai collaboratori attività da realizzare, piuttosto che obiettivi da raggiungere.
Allora, cos’è un obiettivo?
Alle Olimpiadi del 2004, Matt Emmons è concentrato sul bersaglio! Sta combattendo per il podio di carabina a tre posizioni: ha un vantaggio enorme e l’oro in tasca. I suoi grandi occhi fissano concentrati l’obiettivo e, quando l’ha nel mirino, spara! Fa un centro pieno… ma perde clamorosamente la competizione! Cos’è successo? Ha mirato il bersaglio sbagliato: quello dell’avversario!
L’obiettivo è il traguardo che vogliamo ottenere, la meta che vogliamo raggiungere. Deriva dal latino “obiectum”, che significa oggetto! Certo, se il nostro obiettivo è acquistare, ad esempio un orologio di prestigio, è facile definirlo: voglio un Submariner, con quadrante nero e bracciale Oyster, che costi… meglio non pensarci! Ma quando parliamo di obiettivi di sviluppo o di business, diventa più difficile definirli, a meno che non ci siano indicatori numerici che possano aiutare.
Declinare l’obiettivo aziendale in sotto obiettivi da assegnare ai collaboratori – oppure definire obiettivi di business o di sviluppo, di progetto o di servizio -, richiede grande impegno e capacità importanti. Come, ad esempio, la capacità di osservare ciò che c’è adesso, nel qui e d’ora; e la capacità di vedere con l’occhio della mente cosa ci sarà domani, dove vogliamo portare il team, nel prossimo futuro!
Sembrerà strano al vero uomo d’azienda che di questo non deve parlare mai, ma un’altra importante capacità è quella emotiva, che rende possibile la gestione dello scarso interesse verso un obiettivo noioso, per esempio, o la frustrazione di non riuscire a misurarlo, lo stress generato dagli ostacoli, l’energia utile a motivarsi e motivare, il coraggio e la determinazione necessari al conseguimento e ancora la paura del fallimento (perché in azienda pare non essere contemplabile!).
La capacità comunicativa di oggettivarlo è altresì importante: usare bene le parole per renderlo talmente visibile da poterlo quasi toccare con mano, vederne la dimensione e comprenderne il valore. Ma, se non è misurabile, cosa facciamo? Dobbiamo essere capaci di individuare i risultati chiave (Key Results) che faranno dire se e quanto l’abbiamo raggiunto, così da rendere anche possibile la pianificazione e, attraverso i risultati intermedi, il monitoraggio di avanzamento e la valutazione finale.
Serve sacrificio, certo; e anche tempo e pazienza! È necessario usare (e non solo conoscere) gli strumenti utili a mettere a fuoco – all’interno del nostro mirino -, il punto esatto in cui vogliamo colpire. Perché, se dobbiamo assegnare l’obiettivo ai nostri collaboratori, allora sì che deve essere declinato alla perfezione. In ogni sua sfumatura, come se fosse un film a colori, con la potenza dei dialoghi e delle colonne sonore! Altrimenti, com’è possibile che capiscano cosa c’è da fare, come farlo e in quanto tempo? Assegnare obiettivi, insieme al feedback, è la parte più difficile dell’essere Leader ma, come si suol dire, se abbiamo voluto la bicicletta… A proposito: fatemi sapere quanti caffè devo ordinare!